Anche quest’anno la WWDC si è conclusa, e al netto di tutte le novità più o meno interessanti sulle nuove release dei sistemi operativi, è indubbio che la notizia bomba, (attesa da anni, e preannunciata anche qualche giorno prima del keynote di apertura) è il passaggio ad ARM.

Mi è capitato più volte di parlarne in passato: Apple è un’azienda che non ha mai avuto paura di osare… se entrate nei meandri di Windows 10, troverete ancora lo stesso pannello di configurazione di rete e del TCP/IPv4 che c’era in XP o in Win95, e Windows ha sempre girato su processori x86, e sta faticando ad abbandonare i 32 bit… Apple nello stesso periodo di tempo ha cambiato completamente sistema operativo, ha cambiato completamente famiglia di processori, e si appresta a fare nuovamente un cambio di questo calibro, perlopiù con processori proprietari, e cambiando contestualmente il sistema operativo… che nonostante le apparenze simili, non a caso si chiamerà macOS11. [PS: che poi le apparenze sono simili perché Apple ha sempre fatto dei micro-update ogni anno, ma se lo confrontate con la prima release di MacOSX, le differenze sono enormi, a parte il core Unix e i classici Dock e menubar]

La scelta di Apple è sempre stata quella di guardare avanti, perlomeno dal 1997, quando il rientro di Jobs cercò di riportare ordine in una società sull’orlo del fallimento. Guardare avanti significa spingere sulle nuove tecnologie anche quando questo significa dare una taglio netto al passato, anche se può portare a qualche disagio. Guardare avanti significa avere il coraggio di cambiare, di mettersi in gioco, di “trasformarsi”… quante volte, dopo la scomparsa di Jobs, avete sentito dire “Apple non è più la stessa di prima… non fa più innovazione“. Beh, io vorrei chiedervi quale altra azienda ha mai avuto il coraggio di migrare un’intera linea di computer, da una “rassicurante” e diffusissima architettura x86 (praticamente una scelta quasi obbligata per il settore computer) a una serie di processori ARM progettati in casa; e quale altra azienda ha scelto di tagliere i ponti con le vecchie architetture in tempi così rapidi come Apple? Certo, quest’ultima caratteristica può avere diverse chiavi di lettura, perché mantenere la compatibilità col passato significa anche dare maggiore supporto agli utenti e offire loro la possibilità di continuare a lavorare con i software più vecchi, magari in quei casi in cui lo sviluppatore non ha intenzione di aggiornare i propri prodotti… ma Apple è fatta così, prendere o lasciare, anche dal punto di vista di chi deve sviluppare… d’altro canto non possiamo nemmeno dire che Apple trascuri i propri utenti: iOS14 sarà installabile su telefoni del 2015, che riceveranno quinid i relativi update anche nel 2021… quale altro produttore di smartphone vi offre updati su telefoni di 6 anni fa?

Tornando ad ARM, la decisione di Cupertino può piacere o meno, e indubbiamente per qualcuno avrà anche delle ripercussioni negative, ma non si tratta di una scelta avventata, anzi, presumibilmente è molto meno avventata dall’introduzione di MacOSX nelll’ormai lontano 2001, o del più recente switch ad Intel. Da un lato possiamo immaginare che Apple stia lavorado a questa migrazione fin dai tempi dell’aquisizione di P.A.Semi (nell’ormai lontano 2008), dall’altro non possiamo non notare che macOS e iOS hanno già molte cose in comune (e girando iOS su ARM, questo significa che molte tecnologie sono già assodate anche per macOS)… senza dimenticare l’esperinza maturata dalla precedenti migrazioni.

Non è quindi un caso che, pur su un macchina di test, con un processore che gira anche a frequenza inferiore rispetto all’iPad Pro, e con solo 4 core attivi sugli 8 disponibili, facendo girare dei test non ancora ricompilati per ARM (che quindi girano in emulazione tramire Rosetta 2) i risultati sono solo del 25% inferiori rispetto ad un iPad Pro che fa girare il test nativamente e comunque superiori rispetto ad un Surface Pro X. Sul multicore va un po’ peggio (circa il 35% in meno) ma non dimentichiamo che sono attivi solo la metà dei core disponibli… Con un processore a pieno regime, magari un futuro Apple A13, e applicazioni ricomplilate per ARM, possiamo immaginare che le prestazioni schizzeranno verso l’alto…

Certo, tutto questo ha un prezzo: in primis il possibile disagio iniziale della transizione, soprattutto per i professioni legati a certi software che dipenderanno quindi dalla rapidità con la quale verranno rilasciate le nuove applicazioni… ma non dimentichiamo che si parla di una transizione hardware che durerà due anni, e il supporto software andrà avanti ancora per almeno un altro paio di anni. L’altro punto di domanda (per chi è interessato) è l’emulazione o virtualizzazione di Windows, che sicuramente non sarà più così semplice com’è stata nell’era dei MacIntel: scordatevi Bootcamp (almeno per il momento, visto che esiste una versione ARM anche di Windows 10) e preparatevi ad un’emulazione più lenta che, si spera, potrà essere compensata dai nuovi processori Silicon.

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